Nella prima metà dello scorso secolo, nella cascina Faipò di via Magistretti 5 c’era un’osteria. Nel 1930, Bartolomeo Albanese e Lucia Calefato, dal loro paese natale, Trani, vennero a Milano e presero in gestione l’osteria.
La cascina Faipò era del comm. Angelo Galimberti, che era proprietario anche di altri caseggiati e terreni nella zona.
La cascina era molto antica ed era già presente nelle vecchie mappe del 1600 che indicavano i possedimenti dell’abbazia di S. Maria Rossa di Crescenzago.
Nella cascina Faipò, oltre all’osteria che dava su via Magistretti, c’era un ampio cortile con aia, c’erano stalle con mucche e cavalli, porticati per il ricovero dei carri agricoli e abitazioni dove soggiornavano sia le famiglie dei braccianti agricoli che lavoravano nella cascina sia quelle di impiegati e operai occupati nelle botteghe artigiane della zona.
L’osteria era la sede della bocciofila “Montello”, una associazione con numerosi appassionati che partecipava con discreto successo ai tornei che venivano organizzati dalle numerose bocciofile della zona. A nord della cascina, infatti, separato da una stradina c’era il campo da bocce alla milanese, affiancato da un pergolato con panche occupate dagli spettatori che davanti ad un litro di rosso commentavano ad alta voce ed in modo spesso colorito ogni giocata.
Il figlio dei gestori, Francesco, detto “Cecchino”, allora molto piccolo, ricorda ancora molto bene quel pur breve periodo della sua vita trascorso a Crescenzago.
“Cecchino” di quegli anni rammenta ancora le epiche sassaiole, spalleggiato dai suoi inseparabili amici Marino e Zoncada Mario, contro i “nemici” di via Treviglio, il percorso sulle strade sterrate per raggiungere l’asilo di via Padova e poi le scuole elementari di via Bottego, la partecipazione alla parata, vestito da “Balilla”, in occasione della visita del Duce alla vicina centrale elettrica di Precotto nel 1936, i bagni estivi nella Martesana che scorre ad un centinaio di metri dalla Faipò e i periodi di asciutta della Martesana, con la ricerca sul greto vuoto del canale di sassi levigati e piatti che venivano poi utilizzati per un gioco che era un misto tra il curling e le bocce.
Sebbene siano passati ormai 80 anni, “Cecchino” ricorda ancora le persone che frequentavano l’osteria, ed in modo particolare ne ricorda due: “el sbianchin” (l’imbianchino) ed “il cinese”.
Fortunato Saccani, in realtà non era sicuramente un imbianchino, era un sindacalista, iscritto al partito socialista che abitava nella vicina via Biumi e che aveva conosciuto Mussolini, all’epoca in cui il futuro Duce era nel Partito socialista e lavorava all’Avanti. Quando nel 1919 Mussolini fondò i fasci di Combattimento di Milano le loro strade, inevitabilmente, iniziarono a dividersi. Saccani, per la sua militanza politica, perse il lavoro e nessuno, per paura di rappresaglie, osava assumerlo, iniziò anche un controllo assiduo da parte di militi della “Aldo Sette”, la sede del fascio di via Padova, che spesso lo prelevavano o lo portavano in caserma per interrogarlo. Le condizioni economiche della famiglia Saccani diventarono precarie.
Saccani era un uomo orgoglioso, non accettava elemosine. il padre di Francesco, per aiutarlo, tutte le volte che nei locali e o nei portici erano necessari lavori di imbiancatura lo chiamava, per questo motivo, nell’ immaginario del piccolo “Cecchino” , il signor Saccani era diventato “el sbianchin”.
Si raccontava nel quartiere che il nome di Saccani fosse stato inserito nell’elenco dei partigiani che sarebbero stati fucilati il 10 agosto 1944 in piazzale Loreto ma che il Duce in persona, in nome della vecchia amicizia, lo avrebbe fatto togliere.
Non si è mai saputo se fosse una notizia vera, ma nell’osteria della cascina Faipò tutti affermavano a bassa voce ma con sicurezza: “ Lè sta el crapon che la fa tira via el sbianchin !” (E’ stato il crapone che ha fatto togliere l’imbianchino !), per il milanesi, il “crapone” era Mussolini.
A fine guerra Fortunato Saccani fu chiamato a far parte della Consulta Nazionale del Regno d’Italia nelle fila del Partito Socialista. La Consulta, fu un’assemblea legislativa non elettiva, istituita alla fine della guerra con lo scopo di sostituire provvisoriamente il parlamento. La Consulta rimase in carica sino al 2 giugno 1946, quando, dopo regolari votazioni, vennero eletti i membri dell’Assemblea Costituente della nuova Repubblica Italiana.
Un altro personaggio di cui Francesco conserva un ricordo indelebile è quello di un cinese venditore di cravatte, era piccolo, grassoccio, arrivava periodicamente in osteria, con un braccio trascinava una voluminosa valigia mentre con l’altro braccio, tenuto teso e orizzontale davanti alla pancia metteva in mostra alcune sgargianti cravatte. Si rivolgeva agli avventori sempre con un perenne sorriso e sempre con la stessa con la frase: “una lila una clavatta”.
Nel 1938 la famiglia Albanese cedette la gestione dell’osteria ad un’altra famiglia di osti pugliesi.
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Marzo 2015 – Ricordi di Francesco Albanese detto”Cecchino, classe 1926
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