Ettore Cereda nella divisa da ufficiale dei bersaglieri

Ettore Cereda, nato a Crescenzago nel 1915, tenente dei bersaglieri, durante il secondo conflitto mondiale, perse la vita nel deserto tunisino a soli 28 anni.

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Ettore Cereda apparteneva ad una famiglia molto nota di Crescenzago, famiglia che dall’inizio del secolo  gestiva un’impresa per la costruzione e manutenzione di strade e fognature che aveva ottenuto molti appalti dal Comune di Milano.

Ettore si laureò in lettere nel 1938 e l’anno successivo, chiamato alle armi frequentò con ottimi risultati il corso ufficiali a Pola.  Come ufficiale di complemento fu aggregato al 5° Reggimento Bersaglieri ed allo scoppio della guerra nel 1940 fu inviato sul fronte greco albanese deve fu inquadrato nella divisione Centauro.

Il suo reggimento partecipò attivamente alla invasione della Grecia ma nel novembre, quando scattò la controffensiva, il 5° Reggimento dovette difendersi strenuamente, dando luogo a molti gli episodi di eroismo, riuscendo a respingere pur con gravi perdite l’esercito greco che si prefiggeva di raggiungere Valona.

Fu in questo frangente che Il sottotenente Cereda ottenne la prima medaglia di Bronzo al valor Militare che gli fu assegnata con la seguente motivazione: “Addetto ad un Comando di Battaglione effettuava ripetuti e rischiosi servizi di pattuglia, spingendosi talora oltre Ie linee nemiche, lottando spesso tenacemente e riuscendo sempre a riportare utili notizie. Assunto il comando di una sezione mitragliatrici durante un’azione per meglio dirigere tiro, si portava allo scoperto nonostante la forte reazione di fuoco avversaria. Feriti, dallo scoppio di una bomba i serventi di una arma, si poneva, ad essa e con calmo e preciso tiro, riusciva a contenere il nemico superiore per forze e per mezzi. (Ponticates, Fronte Greco 26/11/1940)

Il sottotenente Ettore Cereda durante una pausa sul fronte greco albanese

Alla fine del 1942 il 5° Reggimento Bersaglieri fu trasferito in Africa e nel gennaio ‘43 il reggimento fu inviato sul fronte tunisino. Combattè inizialmente all’oasi di Rhemonel, a febbraio partecipò alla battaglia del passo di Kasserine ed a marzo il Reggimento attaccò senza successo il passo di Hamura. Fu in questo periodo che Cereda ottenne la seconda medaglia di bronzo con la seguente motivazione ufficiale: “Aiutante maggiore di Battaglione, durante le operazioni di arretramento della linea assumeva di iniziativa il comando di un reparto, rimasto privo del Comandante, lo rianimava e lo portava su nuove posizioni. Nel corso di un successivo attacco nemico imbracciato un fucile mitragliatore rimasto privo di serventi ne dirigeva il fuoco sull’avversario e con tale esemplare contegno contribuiva ad impedire che il proprio reparto fosse aggirato.   (Huadi ha tob, Fronte Tunisino 22/02/1943)

Seguirono settimane di sanguinosi combattimenti in cui la divisione Centauro nella quale era inquadrato il 5° bersaglieri del tenente Cereda subì pesantissime perdite.

E proprio in quei giorni, poco prima del suo sacrificio Ettore scrisse quella che sarebbe stata l’ultima lettera al padre, una lettera molto commovente e toccante ma dignitosa, la lettera profetica di un combattente che intuisce il proprio destino, lettera che è diventata un nobile testamento. “… vado a raggiungere la mamma, caro papà . . . non piangere tu, perchè io non voglio…  io e sono calmo perchè so che compirò sino all’ultimo il mio dovere di bersagliere…

Alle ore 23 del 6 aprile 1943, con il fuoco di 450 cannoni e 500 mezzi corazzati, cominciò la controffensiva degli alleati al comando del generale Montgomery, battaglia che segnò il destino di Ettore Cereda che cadde in combattimento nel deserto di Gabes all’alba del 7 aprile. La battaglia durò un giorno solo ma scriverà Montgomery nelle sue memorie “fu la battaglia più violenta e selvaggia dopo El Alamein”.

Lettera di risposta del 1946 al padre Luigi, del Comando della Polizia Militare di Washington in cui si certifica che Ettore Cereda non risulta prigioniero negli Stati Uniti.

Come successe per molti altri caduti, la famiglia Cereda non conobbe subito la sorte del congiunto. Per molto tempo I familiari di Ettore sperarono che fosse tenuto prigioniero da qualche parte, ma più il tempo passava e più diminuiva la possibilità di poterlo riabbracciare, nella speranza di avere notizie del loro congiunto i Cereda si rivolsero anche al Comando della Polizia Militare di Washington.

La tragica realtà emerse qualche tempo dopo ma occorsero 20 anni prima che i resti mortali di Ettore Cereda potessero tornare nella sua Crescenzago ed essere tumulati accanto ai suoi cari nel Cimitero di via del Ricordo.

La salma di Ettore Cereda, come tutte quelle dei caduti in Africa, rientrò in Italia dall'aeroporto militare di Bari. Nella foto il feretro a Capurso, paese alla periferia di Bari, in attesa di essere trasportato a Crescenzago.

Il 13 giugno 1963, quando potè finalmente essere celebrata la cerimonia funebre in memoria di Ettore Cereda, fu un evento per Crescenzago, il corteo funebre partito dalla casa di via Bottego fu seguito da moltissime persone e molti tricolori apparvero alle finestre.

Nel numero del gennaio 1964 de “Il Segno” l’informatore parrocchiale della chiesa di S. Maria Rossa venne riportata la notizia dell’evento ed apparve un breve profilo di Ettore ad opera di Giovanni Legnazzi che lo aveva conosciuto anni prima quando frequentava l’oratorio: … Quando ero bambino e frequentavo la Chiesa, alla sorveglianza di noi ragazzetti vi erano dei chierici seminaristi. Tra questi ve ne era uno dal sorriso largo e buono e dagli occhi grandi ed espressivi, i capelli di colore rosso bruno. Era Ettore Cereda. Abitava in via Bottego e ricordo bene che, quand’egli rincasava, attraversava il vecchio campo sportivo di via Flumendosa, mentre noi ragazzi giocavamo al pallone.   Alcune volte qualche tiro con noi lo faceva; prendeva la rincorsa spostando la fascia e la veste da una parte, teneva tra le mani il berretto e calciava sorridendo… … Divenuto ufficiale dei bersaglieri lo si vedeva percorrere le nostre strade durante le licenze, con la divisa gagliarda di bersagliere; con il lungo mantello nero, con le borchie ed i ganci dorati; il posso lungo e veloce, il suo abituale sorriso buono ed il mento ricoperto da una barbetta alla nazarena… … Il suo spirito, abituato sin dall’infanzia al sacrificio ed alla solidarietà, alla comprensione verso chi geme e soffre, seppe controllare la sua persona e portarla ad immolarsi sull’altare della patria con abnegazione ed ardimento. … … Non ultima educatrice fu la mamma sua, donna di stampo antico, timorata di Dio e stimata da tutti. …“  

Come afferma questa breve testimonianza Ettore Cereda era un giovane seminarista e si stava avviando a prendere i voti. Un giorno, tornando a casa dal collegio dove studiava teologia, conobbe una ragazza in treno, se ne innamorò ed abbandonò gli studi. Questo incontro segnò il suo destino, molto probabilmente se avesse proseguito il suo percorso formativo non sarebbe partito per la guerra…

L'annuncio delle esequie di Ettore Cereda a Crescenzago.